Noto come il fratello di Peppino Impastato, lavora da molti anni sui temi della legalità e della memoria, proseguendo sulle orme del fratello e della mamma Felicia – scomparsa nel 2004. L’abitazione della famiglia Impastato, in corso Umberto 220 è la sede della «Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato». Il fulcro di un “racconto” che rende viva e in azione la memoria di Peppino.

Quando racconto la sua storia ai tanti giovani, dai bambini agli universitari che passano a Casa Memoria, ogni volta è come se fosse una storia diversa per le tante, inaspettate domande che fanno sulla sua vita. Parlo del suo impegno politico, della militanza, dell’attività di denuncia. E parlo del suo primo «no» alla mafia. Un rifiuto secco, deciso, sofferto, perché era un «no» a nostro padre. Noi eravamo figli di mafiosi. Lo «strappo» per lui fu di quelli che segnano, che rivoluzionano un periodo come quello dell’adolescenza. I giovani sono attratti da quel gesto di rottura, di assunzione di responsabilità, di testimonianza, di coraggio. Sono queste, tra l’altro, le parole che li affascinano, insieme a «sogno» e «bellezza», quel valore al centro del suo famoso discorso – «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà…» – che continua ad affascinare”

Da “Messaggero di Sant’Antonio”, giugno 2014

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